Linee Guida per un’Europa sociale, civile e partecipata

Linee Guida per un’Europa sociale, civile e partecipata

Linee Guida per un’Europa sociale, civile e partecipata

Linee guida per l’Economia Sociale e Civile

Strategie e strumenti per un’Europa più sociale, civile e partecipata

Perché delle linee guida

L’esperienza maturata in questi anni dal Comitato Promotore del Festival Nazionale dell’Economia Civile (Confcooperative, Federcasse-BCC e NeXt Economia), il confronto con importanti studiosi italiani ed internazionali ed importanti realtà organizzative (ARCI, ACLI, Aiccon, CSVnet, Forum del Terzo Settore, SEC, ecc..) che da anni stanno promuovendo la prospettiva dell’economia civile e di quella sociale ci spingono a fare una passo in avanti.
Oggi più che mai vi è la necessità di allargare la prospettiva e favorire processi di ibridazione feconda – pur nella consapevolezza delle differenze – che consentano di guardare avanti e di far crescere in Italia ed in Europa la prospettiva di un’economia civile e sociale strategica per il futuro dell’economia e del pianeta.
Il termine economia sociale è maggiormente diffuso e utilizzato, in ambito europeo ma le esperienze e i valori dell’economia civile, maturate in prevalenza in Italia, possono essere di grande aiuto: principi come quello della reciprocità, della fraternità, della gratuità e della felicità pubblica – se ben intesi e tradotti a livello concreto – come di fatto già sta avvenendo ad esempio grazie al BES, possono dare alle esperienze dell’economia sociale una qualcosa in più. Possono segnare un orizzonte di senso e di orientamento all’azione economica.
Viceversa l’istanza partecipativa che si declina a vari livelli nell’esperienza dell’economia sociale può diventare per le realtà profit e no profit che guardano alla prospettiva dell’economia civile, un fattore di crescita sia a livello di benessere dei lavoratori che di competitività.

Due modelli economici (e di partecipazioni) convergenti e complementari

 

L’economia Sociale e l’Economia Civile sono due modelli di Nuova Economia che riescono a cogliere aspetti essenziali e integrabili del cambio di paradigma economico che l’Europa dovrà affrontare in vista delle prossime elezioni europee di giugno 2024.
Gli aspetti più importanti da segnalare secondo il riferimento del documento pubblico “Nuova Economia è”, si possono riassumere nei seguenti punti:

  • Una economia (civile e sociale) è incentrata sulle persone e sull’ambiente e non sulla massimizzazione del profitto individuale, in un contesto di mercato.
  • Una economia (civile e sociale)  caratterizzata dalla dignità e rispetto dei lavoratori e delle lavoratrici, dal suo coinvolgimento partecipativo, democratico e solidale nei luoghi di lavoro e dal rispetto di tutti i protagonisti della filiera produttiva.
  • Una economia (civile e sociale) dove la logica di collaborazione supera quella conflittuale.
  • Una economia (civile e sociale) dove tutte le aziende e le organizzazioni sono aperte al dialogo e condividono le loro strategie con tutti i portatori di interesse quali i dipendenti, i clienti, i fornitori, la comunità locale, e sono proiettate verso la creazione di valore condiviso.
  • Una economia (civile e sociale)  dove la finanza è finalizzata allo sviluppo dell’economia reale e non alla speculazione.
  • Una economia (civile e sociale)  attenta alle generazioni future, ai loro desideri, passioni e aspirazioni.
  • Una economia (civile e sociale) è generativa e partecipata perché in grado di contribuire alla ricchezza di senso ed alla soddisfazione di vita di tutti che si attivano nei luoghi, fisici e digitali, per partecipare al suo sviluppo e promozione.

L’Economia Sociale tra le sue principali peculiarità ha quella di mettere al centro dei suoi processi i meccanismi di partecipazione della società civile organizzata e favorire la cooperazione e la forma aggregata di Reti e Distretti omogenei.
L’Economia Civile tra le sue principali peculiarità ha quella di allargare gli interlocutori imprenditoriali con i quali poter costruire il modello di sviluppo economico, coinvolgendo maggiormente il mondo delle imprese for profit, e quello del Terzo Settore

L’Economia Sociale porta con sé una forte idea di politica inclusiva e accessibile per tutti e si pone l’obiettivo di restituire alle istituzioni della democrazia il potere di definire le direzioni dello sviluppo.
L’Economia Civile ​​ nasce come “scienza della pubblica felicità”
La felicità è legata al Bene Comune, o si è felici tutti in una nazione o non lo è nessuno, poiché la felicità di un popolo è un gioco di “coordinamento” e servono indicatori/strumenti di misurazione del benessere complementari al PIL (dall’indice BES agli indicatori di Ben Vivere e di Generatività in Atto).

In conclusione, l’unica differenza che è bene ricordare è quella che esiste tra paradigma economico e modello economico.

L’economia civile e’ un paradigma, non un modello, alternativo al paradigma dell’economia politica. L’economia sociale, invece, e’ un modello che può esistere solo all’interno dell’economia di tipo capitalistico, come una parte del sistema economico attuale e del mercato capitalistico (se pur con riferimenti molto chiari e precisi sulla finalità sociale degli attori economici). 

Tenendo conto di questo approccio e dato che il Festival Nazionale dell’Economia Civile lavora da anni per promuovere e contribuire a realizzare un cambio dell’attuale paradigma economico, l’economia sociale può agevolare e accelerare Il passaggio all’economia civile. 

Quindi l’economia sociale è una via importante che può condurre all’economia civile di mercato, per questo motivo è importante connettere e diffondere i loro punti di convergenza e continuità.

 

Perché creare un Distretto Diffuso di Economia Sociale e Civile

 

“La teoria economica non si deve basare sull’ottimizzazione dei costi di produzione delle merci come tali, né tanto meno sulla massimizzazione dei  profitti  realizzati  dalle imprese,  ma sulla  massimizzazione  dei soddisfacimenti complessivamente conseguiti dagli agenti umani, sia nella produzione che … nel consumo dei beni prodotti e/o acquistati e nell’utilizzo delle relazioni sociali, sia nei momenti del consumo e forse soprattutto in quelli del lavoro” (Becattini, 2015: 11)

Becattini vorrebbe rifondare l’economia politica e in linea con quanto descritto sopra vorrebbe passare dalla «teoria del valore delle merci alla teoria della felicità delle persone» e dalla teoria della crescita del Pil alla teoria del progresso umano e sociale (Ben Vivere) (Becattini, 2015).

Per realizzare questo modello di sperimentazione è necessario partire dal cambiamento del modello di specializzazione italiano e dell’importanza relativa fra distretti e città, e dentro ai distretti fra piccole e medie imprese e imprese di dimensione medio-grande (cooperative, benefit, sociali, ecc…). Naturalmente, a fronte delle sfide della fase recente della globalizzazione e della grande crisi esplosa nel 2007-2008, le traiettorie di cambiamento dentro e fra i distretti tendono a essere eterogenee.

Infine, analisi comparative sulle specializzazioni produttive e sulle performance dei sistemi locali urbani e distrettuali hanno messo in evidenza come le città ospitino una parte non insignificante del made in Italy, con livelli di produttività (in valore) più elevati degli analoghi distrettuali. 

Certe tendenze della globalizzazione contemporanea hanno accresciuto il valore aggiunto delle fasi produttive a localizzazione urbana, anche in Italia, insieme all’intervento più incisivo a opera delle imprese sociali e civili. Per questo motivo il Festival Nazionale dell’Economia Civile, partendo dalla sperimentazione del Festival Regionale e dalla sua prima applicazione a Rieti proverà a elaborare un modello di Distretto di Economia Sociale e Civile (sulla scorta del modello del Distretto Diffuso di Nuova Economia) che possa portare allo sviluppo sostenibile delle infrastrutture sociali e tecniche presenti nel territorio laziale (e di tutto il territorio nazionale).

I punti programmatici di tale modello sono i seguenti:

  • Realizzazione di una call for ideas per la realizzazione del Distretto di Economia Sociale e Civile. 

L’obiettivo specifico del progetto e della call che si farà con le Università del territorio laziale è quello di superare o uno o più problemi sociali (come istruzione, salute, accesso alla tecnologia e ambiente) che minacciano le persone e la società e uno o più problemi ambientali che rischiano di rendere le città invivibili e dannose per la salute.

Il punto di partenza è quello di realizzare un modello di sviluppo della città universale (partendo dai modelli di impresa sociale, civili e cooperativi che saranno valutati/valorizzati/accompagnamento con il modello ESG proposta da NeXt e utilizzato già all’interno della call del Festival “Ambasciatori dell’Economia Civile)

  • Creazione di hackathon trasformativi e cooperativi che vanno a delineare il modello di sviluppo del Distretto di Economia Sociale e Civile.

Invio delle 8 sfide per 8 verbi della Carta di Firenze (www.festivalnazionaleeconomiacivile.it/carta-di-firenze/) con una impostazione di Comitati Civici per Ri-Generazione.

  • Costituzione di Comitati per la Ri-Generazione

Realizzazione di un incontro con il Comune che avvierà la sperimentazione del Distretto di Economia Sociale e Civile per avviare una fase di co-programmazione e co-progettazione con la Rete locale (attraverso i Patti di Comunità) riunita e costruzione di Piani di Ri-Generazione territoriale per la riqualificazione di territori periferici e marginali all’interno del contesto urbano

  • Favorire la creazione di nuovi modelli di impresa civile e sociale

Avviare un percorso di (incubazione/accelerazione) o di creazione di filiere produttive e/o distretti di economia civile di PMI e Terzo Settore dove la forza lavoro ottiene salari di mercato con migliori condizioni di lavoro e si attua un piano di inclusione sociale integrato delle fasce più fragili della popolazione

Il percorso di incubazione/accelerazione riguarderà in particolare l’impresa di comunità e i modelli di cooperazione di comunità come forme privilegiate da portare avanti per la Ri-Generazione dei territori della Città.

Realizzazione un Tavolo regionale di finanza sociale, cooperativa e mutualistica a supporto dell’imprenditoria sociale e civile per supportare e accelerare le buone pratiche di economia sociale e civile (sulla base del lavoro intrapreso con altre Regione Friuli Venezia Giulia (www.regione.fvg.it/rafvg/export/sites/default/RAFVG/allegati/20240311_Verso_le_Linee_Guida_della_Finanza_Sociale_FVG.pdf)

Manifesto europeo per l’Economia Sociale e Civile

Un nuovo paradigma dell’economia è possibile

 

Nel documento pubblico “Alleati nell’Europa” per una nuova economia sostenibile ed inclusiva” proposto nell’aprile 2022, in occasione della Conferenza Stato Europa, si mette in evidenza la grave insoddisfazione della maggior parte dei cittadini per il modello economico dominante, centrato sul dominio di un solo attore, il capitale, che riduce a risorsa/fattore produttivo gli altri attori dell’economia. Da tale posizione di potere dominante consegue che l’obiettivo prevalente dell’attuale economia è la massimizzazione del profitto, a scapito del contesto naturale e delle persone, su cui le imprese sovente esternalizzano costi sociali e degrado ambientale.
Crediamo invece che una nuova economia ambientalmente sostenibile e inclusiva sia necessaria e possibile, come mostrano tante imprese responsabili, cooperative, imprese sociali e tante esperienze che ripensano i loro obiettivi ponendo:

  • il benessere per tutti come l’obiettivo dell’economia,
  • l’uso delle sole risorse rigenerabili della nostra Terra come il limite,
  • il profitto come necessità per potere investire ed innovare e come uno stimolo ad operare.

Questa prospettiva, che chiamiamo sostenibilità integrale, consente di salvare il Pianeta e di salvare l’umanità, garantendo una vita buona per tutti, e di rendere concreta la prospettiva dell’ecologia integrale indicata da Papa Francesco nella Laudato si’. I paesi dell’UE si sono impegnati a conseguire l’obiettivo della neutralità climatica entro il 2050 rispettando gli impegni assunti nel quadro dell’accordo di Parigi. Il Green Deal europeo, la strategia dell’UE per conseguire questo obiettivo entro il 2050, è una scelta molto importante che va sviluppata e diffusa a livello globale. In questo ambito va ricordato come l’UE abbia.

L’Unione Europea del futuro che punta su cooperazione, partecipazione e sviluppo sostenibile

L’Unione Europea che vogliamo è un’istituzione che adotta pienamente i verbi della Carta di Firenze e in generale i valori dell’Economia Sociale e Civile, che aiuti i suoi cittadini a cooperare per il bene del Pianeta. Dobbiamo affermare con coraggio che per ridurre le ferite (sociali, occupazionali, sanitarie, ecologiche) bisogna cambiare il modello con cui si produce e si distribuisce il valore prodotto. L’attuale sistema economico, esclude proprio coloro che oggi pagano di più i costi di decisioni sbagliate: poveri, disoccupati, immigrati, bambini, donne, anziani, disabili.

L’UE ha un ruolo cruciale nel promuovere la dignità dei lavori poveri anche in riferimento alla gig economy, curando l’inclusione dei migranti, evitando che si creino nuove povertà conseguenza di digitalizzazione pervasiva e diseguale in termini di opportunità. Gli incentivi e la fiscalità vanno mirati con decisione sia alla transizione ecologica sia ad una transizione sociale volta a ridurre le disuguaglianze economiche e sociali che stanno aumentando, con una concentrazione di ricchezze che non si vedeva da un secolo.

L’UE a cui aspiriamo deve puntare a realizzare una stagione di pacificazione e collaborazione, capace di stimolare la trasformazione del nostro Pianeta in un mondo di pace, diffusa e sostenibile. La situazione attuale e le scelte operate negli ultimi anni (aumento del 40%, negli ultimi 10 anni, delle spese in armamenti) – pur comprensibili – non vanno nella direzione giusta, non segnano una discontinuità rispetto a logiche e scelte del passato. 

Va riconosciuto e valorizzato il contributo del Terzo settore e del volontariato anche internazionale,  dell’economia sociale e civile, per operare scelte di co-progettazione, di sussidiarietà, di sviluppo e sostenibilità integrale.

La transizione ecologica e la riforma dell’assistenza sociale e sanitaria richiedono importanti investimenti, sia pubblici che privati. Gli investimenti della finanza sociale, responsabile ed etica sono uno strumento potente e prezioso di sostegno ed incentivo alla trasformazione del sistema economico, sostenuta dalla scelta ragionata e consapevole dei risparmiatori (es. voto col portafoglio). 

Per mettersi al servizio della trasformazione del sistema economico, la finanza deve integrare la sostenibilità ambientale, con la generazione di impatti sociali positivi. Le conseguenze economiche della crisi pandemica e della guerra in Ucraina rendono essenziale l’impegno, oltre che delle istituzioni, anche degli intermediari, a supporto di percorsi di inclusione finanziaria che sappiano affrontare le crescenti problematiche del sovraindebitamento e dell’usura con percorsi di educazione; con il ricorso alla microfinanza sociale e imprenditoriale, con servizi di prevenzione e accompagnamento dei mutuatari fragili.

La finanza, per essere davvero credibile, ha inoltre l’esigenza di promuovere la piena trasparenza del profilo ESG-Environmental, Social, Governance negli intermediari e favorire, verificandola, la sostenibilità delle imprese oggetto di investimento, al fine di sollecitare l’attenzione delle aziende all’ambiente e alla società. Ed occorre molta attenzione per prevenire il greenwashing ed evitare sostenibilità strumentali “di mera facciata”.

L’evoluzione del sistema finanziario richiede anche una regolamentazione, condivisa a livello internazionale, che limiti e penalizzi il ricorso alla finanza speculativa, al trading ad alta frequenza (grazie ad un’adeguata tassazione); che rafforzi la lotta ai paradisi fiscali; che riconosca e promuova la diversità di modelli bancari; che favorisca (anche agendo sugli assorbimenti patrimoniali) il credito a favore di attività eco-compatibili e riduca gli investimenti nel settore degli armamenti; che renda più oneroso il finanziamento di attività collegate all’estrazione e allo sfruttamento di fonti fossili. 

Tra gli atti normativi europei che compongono la Strategia sulla Finanza Sostenibile, il Regolamento europeo sulla tassonomia svolge un ruolo cruciale nel definire cosa sia sostenibile e cosa non lo sia, e quindi nel riconoscere gli investimenti responsabili; è pertanto importante che questo Regolamento sia rigoroso e coerente nel perseguire una reale transizione: richiediamo che gas e nucleare non siano considerate risorse rinnovabili, e vadano quindi escluse dalla tassonomia. 

Sarà importante sostenere la crescita degli strumenti per lo sviluppo della finanza sociale, anche a partire dall’attuazione del Piano d’Azione per l’Economia Sociale che si può e si deve collegare con un piano di sviluppo per l’Economia Sociale e Civile.

Inoltre, alcune politiche possono essere immediatamente attivate da un’Unione europea generativa, quali ad esempio:

  • il voto col portafoglio pubblico, attraverso appalti responsabili e generativi che premino l’impatto sociale ed ambientale; la promozione di progetti di aggregazione e partecipazione dei cittadini per la conoscenza, la diffusione e la pratica del voto col portafoglio;
  • l’introduzione negli indicatori di benessere (indicatori di Ben Vivere e di Generatività in atto) di fattori di valutazione della generatività, cambiando quindi i criteri di misurazione della ricchezza dei Paesi;
  • il cambiamento dei criteri di premialità dei lavoratori e dei manager, per renderli compatibili e coerenti con le esigenze di transizione ecologica e di inclusione sociale;
  • l’istituzione della border carbon adjustment tax, per rendere equa la competizione tra le aziende impegnate in un percorso di sostenibilità integrale e le imprese che possono fare a meno di tali impegni, scoraggiando le delocalizzazioni che esternalizzano i costi sull’ambiente e sulle condizioni di lavoro;

la promozione di processi partecipativi anche all’interno delle imprese che costruiscono community building e riducono la solitudine ed il conflitto sociale (coprogrammazione, coprogettazione, bilancio partecipato, democrazia economica, dibattito pubblico per le infrastrutture, comunità energetiche a impatto sociale, ecc.).

Appello alle Istituzioni europee

Alle istituzioni europee, chiediamo di dotarsi di strumenti adeguati, idonei a coinvolgere le persone in un progetto comune, con una visione di insieme dei vantaggi e dei costi. Chiediamo di non tradire la nostra fiducia e di aver fiducia in noi cittadine e cittadini, ascoltando la nostra voce in tutte le sedi e con le diverse modalità possibili, per promuovere un cambiamento profondo di sensibilità del mondo economico, indispensabile per un’economia fondata sulla sostenibilità integrale. Dobbiamo quindi superare l’approccio impositivo e burocratico che si accontenta di nuove costruzioni normative. 

Vanno pertanto promossi modelli di crescita inclusiva che danno la priorità al benessere, in particolare degli esclusi, e alla conservazione del Pianeta. Gli investimenti vanno concentrati su persone e luoghi che sono stati lasciati indietro, per eliminare svantaggi come l’accesso ineguale all’istruzione, ai servizi sanitari o al mercato del lavoro. 

L’approccio inclusivo va preso in considerazione fin dall’inizio, quando si progettano le politiche di crescita, piuttosto che affrontarne successivamente gli effetti attraverso meccanismi di ridistribuzione che di fatto non eliminano le disuguaglianze. Occorre poi che il grande processo di digitalizzazione promosso dall’Europa venga orientato non solamente all’efficientamento (delle imprese, delle PA o dei processi in senso generale), ma anche all’accesso ad informazioni complete, verificate e utili per la partecipazione attiva di tutti gli stakeholder ai processi decisionali.

Gli stakeholder devono diventare consapevoli del loro ruolo per coinvolgere le persone che oggi non si sentono parte di una comunità, perché se si è esclusi non si può essere attori del cambiamento. Per quanto riguarda le imprese chiediamo di promuovere piani industriali che diffondano una nuova cultura d’impresa più attente al tema della partecipazione e del benessere dei lavoratori, dell’inclusione e delle pari opportunità, alla formazione continua vista a 360 gradi (professionale, sul tema dell’ambiente e della sicurezza). E che promuovano reti nei territori, che costruiscono tessuti comunitari. 

È importante sostenere la nascita di imprese cooperative e sociali, soprattutto sostenendo i giovani che decidono di fare imprenditoria con questi strumenti; in questa direzione sembra andare la proposta di Direttiva della Commissione Europea che intende determinare la condizione occupazionale dei lavoratori di piattaforma, individuando la forma cooperativa come esito possibile ed equo. Chiediamo di agire fiscalmente su patrimoni, rendite ed eredità nell’interesse di tutti, ma soprattutto delle giovani generazioni. 

Chiediamo di attivare il Terzo Settore nel coinvolgimento delle componenti giovanili (con attenzione particolare a quelle a rischio di esclusione per povertà educativa, per pregiudizi di genere o di etnia), perché l’Europa che vogliamo non può prescindere dall’ascolto e dall’interazione diretta con i giovani che questa Europa ereditano e dovranno governare. Garanzia giovani e Next generation Eu sono strumenti importanti  ma vanno rafforzati ed indirizzati per favorire il protagonismo economico dei giovani che deve diventare strutturale, diffuso e non sporadico. Soprattutto in Paesi più fragili come l’Italia. In questo vanno promossi e diffusi strumenti come il microcredito, fondamentali per aiutare i giovani nello sviluppare le loro idee imprenditoriali. 

Ribadiamo il ruolo centrale dei giovani, che negli ultimi anni hanno saputo essere di stimolo e coscienza critica. È indispensabile attivare molteplici occasioni e modalità di formazione per realizzare politiche attive di inclusione lavorativa, puntando ad invertire il declino demografico per evitare una grave crisi di sostenibilità dei sistemi di welfare e sicurezza sociale.  Solo così si rafforza la partecipazione attiva dei giovani europei alla vita della comunità in linea con la sostenibilità integrale, l’esercizio pieno dei loro diritti, l’azione responsabile con il voto col portafoglio, il supporto alle autorità di governo sulle politiche di sostenibilità.