Il Festival nasce da un’idea, parola che nella lingua greca significa visione. Qual è l’idea? Quella di concorrere a far uscire il pensiero e soprattutto l’agire economico dell’asfissiante vicolo cieco in cui questi si sono auto-confinati nel corso dell’ultimo mezzo secolo.
Unanime ormai è l’insofferenza nei confronti del modo corrente di fare economia; un modo che non mantiene ciò che promette, perché ci abbaglia e ci seduce con il luccichio delle cose, con le sirene del successo e che ci inchioda al mantra che non si stanca di recitare: “There is no alternative”. E invece l’alternativa esiste: basta rendersene conto per volerla attuare.
“There is no alternative”.
E invece l’alternativa esiste:
basta rendersene conto per volerla attuare
Cosa si deve allora fare? Prendere finalmente atto che l’interpretazione tradizionale di responsabilità, oggi, non basta più. Responsabilità significa, letteralmente, capacità di risposta; ma significa anche – dal latino res-pondus – portare il peso delle cose, delle scelte effettuate. Ci siamo dimenticati di questa accezione forte: non solamente si risponde “a”, ma anche “di”. Ebbene, la seconda grande trasformazione di tipo polanyiano in cui siamo oggi calati ci obbliga a prendere atto che l’esperienza della responsabilità non può esaurirsi nella semplice accountability. Come ha scritto Martin L. King: “Può darsi che non siate responsabili per la situazione in cui vi trovate, ma lo diventerete se non fate nulla per cambiarla”.
Oggi, di fronte alla portata cosmica del mercato e della nuova tecnoscienza, le nostre azioni economiche possono turbare le stesse prospettive di sopravvivenza, nonché le stesse basi biologiche della vita. Allora, il non danneggiare gli altri non è più sufficiente. Non basta più misurare la colpevolezza dell’agente. Occorre piuttosto che entro la pratica dell’economia trovi spazio il prendersi cura. E’ il celebre “I care” di don Lorenzo Milani. Si è responsabili non solo per quel che si fa, ma anche per quello che non si fa, pur potendolo fare.
“Può darsi che non siate responsabili per la situazione in cui vi trovate,
ma lo diventerete se non fate nulla per cambiarla”
Martin L. King
Il segreto del successo, di questi tempi, di chi guarda la realtà dalla prospettiva dell’economia civile sta in questo: che essa ci fa comprendere che il capitalismo rischia oggi la paralisi perché sta diventando più capitalistico di quanto gli sia utile, perché nega, nei fatti, il principio del dono come gratuità, sostituendolo con la filantropia, più o meno organizzata. Ma grande è la differenza tra donazione – che è un oggetto – e il dono – che invece è una relazione interpersonale.
Lo scopo del Festival nazionale dell’Economia civile di Firenze – città simbolo dell’economia civile – è di prender coscienza dell’urgenza di far decollare un progetto credibile di trasformazione del nostro modello di sviluppo – un modello diventato non solo ecologicamente e socialmente insostenibile, ma pure riduttore degli spazi di libertà.
Stefano Zamagni