Nel quartiere Scampia, a Napoli, c’è una palestra, la Star Judo Club, che toglie tanti ragazzi dalla strada. A guidarla, Gianni Maddaloni, maestro di judo e fondatore.
E padre dei campioni Pino, oro a Sydney 2000 e oggi tecnico della nazionale, Laura, 13 volte campionessa d’Italia e Marco, due volte campione europeo. Il linguaggio è quello della strada ma le regole sono quelle dello sport che, oltre che di semplice spirito agonistico, si nutre del desiderio di cambiamento frutto di una realtà cruda e dissacrante.
Una vita per gli altri: intervista a Gianni Maddaloni
«“Ci siamo!”, lo dico tutti i giorni. Lo dico quando vedo la mamma di un bambino che non ha possibilità di pagare perché il marito è in carcere. Noi ci siamo con l’aiuto, con i consigli, con l’affetto.
Sono nato e cresciuto a Scampia. Quando ero piccolo, questo era un posto dove i giovani non avevano lavoro, cultura, opportunità. Da ragazzino la mia famiglia mi aveva tenuto lontano dalla strada, ma con la morte di mio padre il mio equilibrio si spezzò.
A 16 anni andavo in giro in motorino, ero un piccolo bullo. Rischiavo di fare le amicizie sbagliate e di finire in una brutta strada. Sono stato molto fortunato per due motivi. Il primo è che ho trovato l’uomo giusto al momento giusto.
A 18 anni sono entrato in una palestra di Judo dove ho incontrato quello che sarebbe divenuto il mio maestro, Enrico Bubani, detto Lupo. Lui mi ha insegnato il Judo: non come mettere a terra le persone. Mi ha insegnato le regole, attraverso lo sport. Mi ero innamorato di quello sport e del suo modo di fare. Lupo divenne come un secondo padre per me.
La mia seconda fortuna è stata trovare un lavoro. Poco dopo l’incontro con Lupo e con il Judo, ottenni un posto di lavoro al Policlinico. La paga non era altissima: meno di quanto guadagnava un muratore, molto meno di quanto si faceva con una rapina. Ma mi permetteva di arrivare a fine mese con dignità.
“io ho scelto di rimanere qui
a Scampia: vivo per il mio territorio”
Dalla mia storia personale ho imparato che conoscendo le persone giuste, e con il lavoro e una paga si può scegliere la strada della dignità. Io ho trovato l’uomo giusto al momento giusto, e adesso cerco di fare in modo che anche i ragazzi trovino uomini giusti nei momenti giusti.
Per questo i cancelli della palestra sono sempre aperti. Qui più della metà dei frequentatori non pagano: come posso chiedere a una mamma rimasta sola con quattro figli a carico, o a un ragazzo con il padre in prigione di pagare per fare sport?»
Star Judo Club: la palestra delle possibilità
«In palestra abbiamo 8 detenuti alla “messa alla prova”. Ma senza paga, senza lavoro, senza dignità, rischiano di tornare subito a delinquere. Sto cercando di dare loro quelle opportunità, con alcuni amici che mi danno una mano.
La Banca di Credito Cooperativo è uno di questi: con la paga mensile corrisposta, gli ex-detenuti riescono a mantenere le famiglie e a non finire di nuovo nel circolo della criminalità. E per non far avvicinare i ragazzi a quell’ambiente malsano, la banca mi aiuta a toglierli dalla strada finanziando la squadra sportiva col prestito sociale.
Dopo la vittoria alle Olimpiadi di Sidney di mio figlio Pino, nel 2000, mi è stato offerto di prendere in gestione diverse palestre altrove. Ma io ho scelto di rimanere qui a Scampia: vivo per il mio territorio. Oggi ho lo strumento dello sport per mostrare ai ragazzi che anche se nasci qui non hai un destino segnato.
Togliere i ragazzi dalla strada è diventata la mia missione.
Ma questo senso di responsabilità è una mia caratteristica. A Napoli diciamo che chi nasce tondo non può morire quadro. E io, sin da piccolo, quando vedevo i bulli che volevano sopraffare i più deboli, mi sono sempre opposto.
Adesso che le istituzioni mi sono vicine, sono sulla strada giusta per realizzare il mio sogno, la Cittadella dello Sport. Una caserma dismessa qui a Scampia, dove chiunque voglia fare sport e non può permettersi di pagare, lo possa fare. Ecco, se questo sogno non si avvera, avrò fallito.
Scampia sta cambiando. Penso che se vogliamo davvero cambiare qualcosa in Italia, ognuno deve poter fare quello che sa fare. Io so combattere la microcriminalità dando opportunità alle persone. Spero di avere gli strumenti per darle.»