La torrefazione di caffè equo e sostenibile nata nel carcere femminile di Pozzuoli si classifica prima grazie al pubblico del Festival Nazionale dell’Economia Civile
“Donne non si nasce, si diventa”, come diceva Simone De Beauvoir.
Così inizia – nel 2010 – l’avventura della Cooperativa Sociale Lazzarelle, creata da donne per le donne del carcere femminile di Pozzuoli, un percorso difficile non comune, aperto a tutte le detenute che vogliono diventare protagoniste del proprio cambiamento.
E da dove partire per questo viaggio alla ricerca di un nuovo sé?
La risposta è in una delle tradizioni più antiche napoletane: il caffè.
“Produciamo caffè artigianale all’interno del più grande carcere femminile italiano, quello di Pozzuoli” così inizia la sua presentazione alla prima edizione del Festival Nazionale dell’Economia Civile, Imma Carpiniello CEO della cooperativa.
Alla fine di un lungo pomeriggio di presentazioni e confronto tra le 10 aziende sostenibili ambasciatrici dell’economia civile 2019, Cooperativa Lazzarelle conquista la targa del primo posto. Imma è commossa e sorpresa: il livello della “competizione” per aggiudicarsi l’ambito premio è molto alto. Ma la determinazione, il messaggio e l’impegno di queste donne per le donne detenute è stato in finale riconosciuto come esempio di economia civile a tutto tondo.
“Da donne libere abbiamo scelto di impegnarci attivamente in una impresa, che valorizzi i saperi artigianali e generi inclusione sociale perché solo il lavoro offre dignità e possibilità di riscatto sociale”.
Lazzarelle ha creato un modello innovativo di lavoro insieme con le detenute e l’amministrazione carceraria, non senza sacrifici o senza imbattersi in problemi burocratici e gestionali. Il modello non solo ha portato alla riqualificazione sociale delle detenute di Pozzuoli, ma valorizza e sostiene anche i piccoli produttori di caffè del Sud del Mondo. Come?
Equo e sostenibile
Lazzarelle ha iniziato infatti una collaborazione con un’altra realtà sostenibile ed equa italiana, marchigiana per la precisione: Shadhilly. Questa impresa promuove progetti di cooperazione importando caffè da piccoli produttori e rivendendolo a Lazzarelle, che lo acquista già in grani. Questa collaborazione garantisce alla cooperativa di Pozzuoli la provenienza sostenibile a livello ambientale, sociale ed economica della propria materia prima, che viene poi lavorata all’interno del carcere femminile. Le detenute tostano i grani, li macinano e imbustano la bevanda preferita dagli italiani in un packaging differenziabile perchè realizzato in sola plastica, diversamente dalle confezioni tradizionali rivestite internamente in alluminio.
Inclusione sociale
Dal 2010 sono già 56 le donne coinvolte nel progetto Lazzarelle. La particolarità del modello della cooperativa è di aver loro dato l’opportunità non solo di lavorare e impiegare il tempo di detenzione in modo proficuo e qualificante a livello professionale, ma anche di garantire un contratto di lavoro dignitoso a persone che spesso, prima della detenzione, non ne avevano mai avuto uno. Molte le storie che si sono avvicendate tra le stanze adibite nel carcere a Lazzarelle. Donne tutte diverse e tutte accomunate da quelle quattro mura, che sono diventate una finestra sul resto del Mondo, in tutti i sensi!
A oggi, il 90% delle “lazzarelle” non sono rientrate – una volta finita la pena detentiva – nei circuiti criminali.
Nuovi rami d’azienda
Dopo la torrefazione, Lazzarelle ha creato altre linee di prodotti: infusi e tè e capsule per macchine da caffè domestiche.
Ma ci sono molti altri progetti che “bollono in pentola”.
Ultimo nato – nella splendida Galleria Principe di Napoli – il “Bistrot Lazzarelle”. Un luogo dove consumare i prodotti della cooperativa, partecipando attivamente all’empowerment di donne e uomini detenuti ed ex-detenuti provenienti dalle carceri di tutta Italia.
“Il Bistrot – spiega Imma – si propone come punto di distribuzione culturale e commerciale di una rete di imprese sociali italiane impegnate in progetti dedicati a detenuti ed ex-detenuti, che propongono formazione e inclusione sociale e lavorativa”.
E ancora: la sartoria “Tessuti dentro”. Un laboratorio tessile creato in collaborazione con il dipartimento di fashion design dell’Accademia delle Belle Arti di Napoli, che realizzerà tessuti e creazioni uniche, grazie alla partecipazione di sarti e stilisti professionisti, che lavoreranno fianco a fianco con le detenute.
E poi… il progetto della “Pasticceria Lazzarelle” e da ultimo – ma solo in termini temporali – la ricerca in sinergia con l’Università di Campania Luigi Vanvitelli, che sta sperimentando l’economia circolare legata ai tegumenti interni dei grani di caffè. Due gli scopi per i quali questo prezioso ingrediente di scarto potrebbe essere utilizzato: produzione di energia e come ingrediente di prodotti cosmetici anti invecchiamento e anti cellulite.
Un’avventura partita “dal basso”, dalle donne del territorio, che sta prendendo le tinte morbide e dolci di un’impresa femminile a tutto tondo, che rimette in circolo persone, ambiente, tradizioni ed economia locale e nazionale.