Welcome è prima di tutto un modo di essere. È triste constatare come l’Italia in questo momento stia scegliendo di non essere accogliente.
E se decide di non essere accogliente non sarà in tutto non solo con gli immigrati. Perché welcome è un modo di essere comunità per superare il welfare dell’assistenzialismo.
Un welfare che si basa sulla separazione e divisone. E questo vale per gli immigrati cosi come per i disabili, i disoccupati o tutte le altre persone in uno stato di fragilità. Dobbiamo essere comunità accoglienti.
Questi giovani, la stragrande maggioranza è under 30, arrivano nelle nostre terre italiche trovandole a forte rischio di fecondità, con la denatalità più bassa di Europa, l’indice di vecchiaia più alto e l’abbandono della superficie agricola utilizzabile più alta degli ultimi decenni.
Trovano un’Italia divisa per grosse aree metropolitane dove la qualità di vita scende ogni giorno di più, con periferie sempre più insopportabili e lontane, e migliaia di comuni sparsi tra aree interne ed aree costiere con solo 4,2 milioni di abitanti in tutto.
Cosa ci verrebbe da dire a un giovane Alì che per raggiungere casualmente Benevento, dove gli capita che un controllore lo faccia scendere dal treno perché lo trova senza biglietto, ha attraversato 8 nazioni, giornate intere di cammino, bolle sotto i piedi, scarpe consumate, pericoli di morte, carcere, a soli 14 anni?
Possiamo dire solo una cosa, guardandolo negli occhi: Welcome!
Non c’è parola più bella di questi tempi.
You’re welcome! Sei il benvenuto!